Proprio ieri La Stampa, con articolo a firma di Giuseppe Bottero, ha evidenziato le preoccupazioni connesse agli effetti che potrebbe avere la nuova legge sulla chiusura dei negozi (che riforma la liberalizzazione degli orari operata nel 2011), qualora il testo non venisse modificato, dando voce alle preoccupazioni di chi ritiene che le 12 giornate di chiusura obbligatoria previste nella novella, qualora permanesse l’attuale formulazione, troverebbero applicazione anche nei confronti dei distributori automatici e dei siti di e-commerce.
la normativa attualmente in vigore e la liberalizzazione degli orari
Per analizzare il testo del disegno di legge al fine di comprenderne le conseguenze, è necessario premettere che la disciplina del commercio è attualmente affidata al D. lgs 114/ 98, noto anche come Decreto Bersani, conosciuto per aver riformato il settore, liberalizzandolo.
Il decreto, infatti, detta i requisiti per l’esercizio dell’attività commerciale, disciplina l’esercizio dell’attività di vendita al dettaglio sulle aree private in sede fissa, nonché il commercio sulle aree pubbliche, e, per quanto qui maggiormente interessa, fornisce definizioni e delimita esclusioni (all’art. 4) e, infine, disciplina gli orari di apertura (cfr. titolo IV, articoli da 11 a 13). In particolare, l’art. 13 individua i casi in cui le disposizioni del titolo IV, relative agli orari di apertura, non si applicano.
Occorre segnalare, per circoscrive l’ambito di analisi, che tra le definizioni dell’art. 4 alla lettera H si trovano le c.d. “forme speciali di vendita al dettaglio”, che trovano precipua disciplina nel titolo VI, (artt. da 16 a 21):
in particolare, a norma della lettera h) si intende “per forme speciali di vendita al dettaglio:
1) la vendita a favore di dipendenti da parte di enti o imprese, pubblici o privati, di soci di cooperative di consumo, di aderenti a circoli privati, nonche’ la vendita nelle scuole, negli ospedali e nelle strutture militari esclusivamente a favore di coloro che hanno titolo ad accedervi;
2) la vendita per mezzo di apparecchi automatici;
3) la vendita per corrispondenza o tramite televisione o altri sistemi di comunicazione;
4) la vendita presso il domicilio dei consumatori.
E’ bene ricordare che l’e-commerce, al quale è espressamente dedicato il solo art. 21, si colloca tra le vendite effettuate tramite “altri sistemi di comunicazione” disciplinate dall’art. 18 del D. lgs. 114/98, rientra, quindi, nella categoria più generale di forme speciali di vendita al dettaglio (cfr. Circolare n. 3487/C del 01.06.2000 – Ministero Iindustria Commercio e Artigianato)
La disciplina della “liberalizzazione” degli orari di apertura al pubblico degli esercizi commerciali si è avuta a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 214/2011, che ha convertito il noto decreto Salva Italia, disponendo in via generale che gli esercizi commerciali di cui al D. Lgs. 114/98 e gli esercizi pubblici di somministrazione di alimenti e bevande (bar – ristoranti) possono determinare liberamente i propri orari di apertura e chiusura anche in ordine alle aperture domenicali e festive.
Tecnicamente la liberalizzazione ha operato attraverso l’art. 31 del Salva Italia, che ha aggiornato la lettera d-bis (introdotta in via sperimentale nel 2011 al comma 1) dell’articolo 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (convertito con modifiche dalla legge 4 agosto 2006 n. 248), recante “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale”,
Pertanto, ad oggi, in base all’art. 3 comma 1 D.L. 233/06 (convertito con modifiche dalla legge 248/06) si prevede che :
Ai sensi delle disposizioni dell’ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi ed al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonchè di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all’acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, ai sensi dell’articolo 117, comma secondo, lettere e) ed m), della Costituzione, le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni:
(…) e nell’elenco dei limiti che non operano vi è alla lettera d-bis) il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio;
Detto in altre parole: le attività di commercio individuate dal D.lgs 114/98 e le attività di somministrazione di alimenti e bevande non sono tenute a rispettare gli obblighi elencati dal predetto art. 3, e tra questi vi sono gli orari di apertura e chiusura e gli obblighi di chiusura domenicale e festiva. Va detto che alla lettera d-bis) si fa espresso riferimento agli “esercizi” commerciali, ossia a una particolare forma di vendita che si svolge in sede fissa, in locali comunemente noti come “negozi”. Su ciò si tornerà in seguito.
Il disegno di legge:
Al momento, tuttavia, il testo in discussione al Senato dispone:
“Art. 1.
(Disposizioni in materia di orari di apertura degli esercizi commerciali)
1. All’articolo 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, la lettera d-bis) è sostituita dalla seguente:
«d-bis) il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio nonché quello di chiusura domenicale e festiva, ad eccezione dei seguenti giorni:
1) il 1° gennaio, primo giorno dell’anno;
2) il 6 gennaio, festa dell’Epifania;
3) il 25 aprile, anniversario della Liberazione;
4) la domenica di Pasqua;
5) il lunedì dopo Pasqua;
6) il 1° maggio, festa del lavoro;
7) il 2 giugno, festa della Repubblica;
8) il 15 agosto, festa dell’Assunzione della beata Vergine Maria;
9) il 1o novembre, festa di Ognissanti;
10) l’8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione;
11) il 25 dicembre, festa di Natale;
12) il 26 dicembre, festa di santo Stefano»;
b) dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:
«1-bis. Ciascun esercente l’attività di vendita al dettaglio può liberamente derogare alle disposizioni di cui al comma 1, lettera d-bis), fino ad un massimo di sei giorni di chiusura obbligatoria, dandone preventiva comunicazione al comune competente per territorio secondo termini e modalità stabiliti con decreto del Ministro dello sviluppo economico da emanare, sentita l’Associazione nazionale dei comuni italiani, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.
1-ter. Le tipologie di attività di cui all’articolo 13, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e le attività di somministrazione di alimenti e bevande non sono soggette ad alcun obbligo di chiusura domenicale o festiva».”
Cosa significa?
Se la modifica entrasse in vigore mantenendo l’attuale formulazione verrebbe introdotta una palese limitazione alla liberalizzazione degli orari, dato che si imporrebbe le chiusura in determinate giornate: le 12 festività indicate nell’elenco.
Sarebbe poi possibile, a determinate condizioni, derogare alla chiusura per 6 giornate tra quelle precedentemente elencate.
La normativa non si applicherebbe solo alle attività di somministrazione di alimenti e bevande, e alle altre attività indicate all’art. 13 del D.Lgs. 114/98 (che, appunto, disciplinava ipotesi sottratte alla regolamentazione degli orari di apertura degli esercizi di vendita al dettaglio nell’ambito del titolo a ciò dedicato nel decreto 114/98 stesso).
Secondo alcuni ciò significa che non sono previste eccezioni per altre categorie, come ad esempio quelle elencate alla lettera h dell’art. 4 del medesimo decreto.
Già oggi la liberalizzazione delle attività di commercio, con generico riferimento all’elencazione presente nell’articolo 3 D.L. 223/06 è applicabile indiscriminatamente alle attività disciplinate dal D. L.gs. 114/98, in virtù del richiamo operato nell’incipit dell’articolo stesso. Ricalcare l’attuale impostazione andando a introdurre giornate di chiusura obbligatoria potrebbe davvero portare a effetti paradossali imponendo la chiusura anche agli e-commerce e ai distributori automatici? Che senso avrebbe imporre la chiusura festiva anche a questi tipi di attività?
Se ci si ferma alla prima lettura, in effetti, apparirebbe opportuno che il legislatore correggesse quanto prima quella che appare una svista grossolana, inserendo al comma 1 ter tra le tipologie di attività alle quali non si applica l’obbligo di chiusura domenicale o festiva anche quelle definite “forme speciali di vendita al dettaglio” tra le quali si annoverano e-commerce e distributori automatici, che appaiono ontologicamente inadatte a subire limitazioni plasmate su sistemi di vendita tradizionali, e destinate a rivelarsi, ove frettolosamente applicate a diverse realtà, meri oneri burocratici tanto irragionevoli, quanto inutilmente gravosi.
In effetti legislatore, come risulta dal dossier che accompagna il disegno di legge, con la novella si propone solo di apportare alcune limitazioni alla liberalizzazione – prevista dalla disciplina vigente – degli orari degli esercizi commerciali, introducendo l’obbligo di chiusura per almeno sei, tra i giorni festivi dell’anno, specificamente indicati nel testo.
E in effetti la novella pare indirizzarsi solo agli esercizi commerciali, ossia ai negozi, non al generico esercizio di attività commerciale disciplinato dal D. Lgs. 114/98: ciò si trae, in primis, dalla formulazione della lettera d-bis) dell’articolo 3 D.L. 223/06 (convertito con modificazioni), che attualmente fa riferimento espresso agli “esercizi”, così come dal medesimo riferimento espresso alla “chiusura dell’esercizio” contenuto nella novella in corso di approvazione. Anche la rubrica dell’art. 1 del disegno di legge in commento depone in tal senso ((Disposizioni in materia di orari di apertura degli esercizi commerciali). Ed infatti la disciplina esclude dal proprio ambito di applicazione le medesime fattispecie escluse, nel D. Lgs. 114/03, dalla regolamentazione degli orari di apertura degli esercizi di vendita al dettaglio,
Il generico richiamo alle attività commerciali disciplinate dal D. Lgs. 114/98 operato dal predetto articolo 3 D.L. 223/06 (convertito con modificazioni), non opera, dunque, con riferimento alla lettera d-bis), dato che essa fa specifico riferimento ai soli “negozi” e tale riferimento viene mantenuto nella novella.
Tuttavia, dato che la disciplina si trae da una stratificazione di norme e successive modifiche e integrazioni, come è ormai prassi consolidata nel nostro ordinamento, tra le quali non è sempre agevole districarsi, forse i dubbi che appaiono coagularsi intorno alla novella ancor prima della sua adozione, potrebbero suggerire una formulazione più chiara della norma, in modo da stroncare sul nascere erronee interpretazioni.
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