La sentenza resa dalla Corte di Giustizia Europea il 13 maggio 2014, nella causa c-131/12, offre lo spunto per alcune riflessioni a margine, che prescindono dalle ragioni di diritto e dalle critiche mosse alla pronuncia anche da autorevoli commentatori, volte a sottolineare quello che balza agli occhi immediatamente a chiunque si approcci alla notizia, anche digiuno dei rudimenti normativi in materia: il signor Mario Costeja Gonzales, rivoltosi all’autorità spagnola per invocarne la tutela (rappresentando il proprio diritto a che talune, risalenti vicende, non proprio eclatanti, che lo avevano coinvolto, venissero dimenticate), si trova al centro di un paradosso; all´esito del complesso iter giudiziario, terminato innanzi alla Corte di Giustizia, egli ha avuto ragione, in effetti. Ma i fatti suoi, per i quali invocava la cancellazione, non sono mai stati così noti.
Il suo buon diritto ad ottenere l’oblio, infatti, è stato cristallizzanto nella pronuncia assieme al suo nome, alla sua professione, e alla ricostruzione di quei fatti che non voleva più che fossero esposti al pubblico dei navigatori dal motore di ricerca, e che ora, come riportati nella pronuncia, hanno trovato un rinnovato interesse per la collettività, che questa volta, per la peculiarità della sentenza, va misurata su un piano internazionale.
Oblio e nuova esposizione mediatica, dunque, indissolubilmente legati, come due lati della stessa medaglia: ma anche diritto all´oblio come amplificatore, moltiplicatore esponenziale del novero degli utenti interessati a conoscere della sua vicenda.
L’effetto, già noto come “effetto Streisand” (che rischia in europa di essere ribattezzato effetto Gonzales, se continua così), prende il nome dalle vicende della nota artista statunitense che, nel 2003, tentando di ottenere la rimozione dal sito di un blogger di alcune foto che ritraevano la sua villa, nonchè un congruo ristoro per la privacy che assumeva violata, finì, grazie alla propria notorietà, con il dare risalto alla notizia, aumentando notevolmente gli accessi al sito e la visualizzazione delle foto.L’effetto Streisand, da allora, indica il risultato inatteso del dare risalto mediatico ad un fatto nel tentativo di censurarlo. Effetto però che nel caso del malcapitato Gonzalez, appare ancora più assurdo e paradossale, essendo il corollario inevitabile (?) del riconoscimento del suo diritto all´oblio.
Sarà allora il caso di ricordare che quando si parla di privacy, almeno sul piano nazionale, è bene fare attenzione al modo in cui si richiede tutela, senza dimenticare di domandare che i dati personali siano “anonimizzati” in caso di “pubblicazione” della pronuncia, facoltà che può essere esercitata anche innanzi all´Autorità Garante per la protezione dei dati personali.
E senza dimenticare che, nel nostro paese, la pubblicazione della sentenza, in senso tecnico, è il suo deposito in cancelleria. E che, salvi i rari casi in cui la pubblicazione ulteriore (ad esempio sui maggiori organi di stampa) sia imposta dalla legge (si pensi all’art 172 del Codice della Privacy) – o dal giudice, nei casi previsti dalla legge – la pubblicazione di sentenza per finalità di informazione giuridica deve seguire le regole dettate dal Garante nelle relative linee guida (doc web 1774813) e che, comunque, l´art. 52 del Codice della Privacy descrive le modalità attraverso cui gli interessati possono domandare, con apposita istanza da depositare presso la cancelleria del giudice competente, che le sue generalità vengano omesse in caso di riproduzione del provvedimento.
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